Cosa leggerò in questo articolo sugli aghi per tricopigmentazione, tatuaggi e dermopigmentazione?
Ogni arte ha il suo mestiere… e i suoi strumenti. Un professionista che si rispetti conosce approfonditamente tecniche e strumenti del proprio lavoro e li usa con maestria per ottenere il migliore dei risultati.
“L’arte è un mestiere fatto a regola d’arte” – Bruno Munari.
In quest’articolo parleremo di uno strumento in particolare – l’ago – usato da tre professionisti diversi: il tricopigmentista, il tatuatore e il dermopigmentista.
Chi approccia per la prima volta alla tricopigmentazione o è all’inizio della sua formazione, pensa erroneamente che gli aghi per tatuaggi o gli aghi per il trucco permanente possano andar bene anche per la tricopigmentazione. Niente di più sbagliato!
Vediamo insieme quali sono le differenze sostanziali.
L’ago per la tricopigmentazione rispetta le caratteristiche della pelle del cuoio capelluto ed è stato studiato appositamente per agire in questa zona senza danneggiarla.
Quindi, quali caratteristiche ha la pelle dello scalpo?
Lo scalpo ha uno spessore di 2 mm. La pelle di questa zona è diversa dalla pelle del resto del corpo ed è caratterizzata dalla presenza di:
follicoli piliferi, da cui hanno origine i capelli;
tessuto adiposo, costituito da ghiandole sebacee che producono il sebo indispensabile per l’idratazione del cuoio capelluto;
capillari, grazie ai quali la zona viene irrorata di sangue e, dunque, anche di ossigeno e sostanze nutritive.
E quali sono, invece, le caratteristiche specifiche degli aghi per tricopigmentazione?
Il diametro dell’ago da tricopigmentazione è stato accuratamente progettato per ricreare un disegno cutaneo che riprenda lo spessore che l’occhio intravede quando guarda i peli rasati.
La punta ha lo scopo di bucare senza creare traumi mentre la parete assorbe il colore e lo rilascia all’interno del derma superficiale.
La ruvidità viene ottenuta in laboratorio sottoponendo l’ago all’attacco di acidi che rendono porose le pareti che assorbono colore e di conseguenza ne rilasciano, a contatto con la pelle, la medesima quantità.
Queste piccole accortezze fanno la differenza garantendo un risultato ottimale.
A quale profondità arriva l’ago durante la trico?
Affinché il trattamento risulti perfetto e il pigmento non si espanda all’interno della cute, il tricopigmentista lavora a livello del derma superficiale.
Infatti, l’ago deve iniettare il pigmento a una profondità di 0,5 mm e, se consideriamo che la tricopigmentazione è un trattamento del cuoio capelluto dove si interviene iniettando micro punti di pigmenti nello strato più superficiale dello scalpo, tale misura mantiene l’innesto nel secondo strato della cute (quindi, piuttosto in superficie).
In caso contrario, un errore nel settaggio dell’ago potrebbe causare la formazione di macro-dots.
Quanti aghi ci sono nella macchinetta dei tatuaggi? Domanda lecita.
A occhio nudo, la dimensione della macchinetta (chiamata generalmente “liner” o “shader” a seconda che si debba tracciare linee o creare sfumature) ci fa presumere che non si tratti di un solo ago, ma di più aghi.
Infatti, gli aghi per tattoo sono delle barre in acciaio alle quali vengono saldate delle micro-punte.
Ce ne sono di diversi tipi e in ognuno di questi la distanza e il diametro delle micro-punte variano.
Spetta al tatuatore scegliere il tipo di ago in base al lavoro che deve andare a realizzare.
Vediamo quali sono quelli più comuni e utilizzati.
In tutti i tipi di ago, il diametro delle micropunte va dai 0,25 ai 0,35 mm.
Negli ultimi anni è aumentata la richiesta di dermopigmentazione, comunemente chiamata dai non addetti ai lavori “trucco permanente”, in quanto trattamento generalmente applicato a sopracciglia, occhi e labbra. Tra i trattamenti maggiormente richiesti, vi è il microblading.
Il nome microblading deriva dall’inglese, “micro” significa minuscola e “blade” significa lama.
Infatti, tanti aghi sottili – circa 0,25 mm di diametro – sono disposti l’uno accanto all’altro a formare una sorta di minuscola lama. Ogni lama ha un numero di punte differente, che varia da 7 a 28.
Anche per la dermopigmentazione così come per il tatuaggio, il numero degli aghi varia in base al trattamento che deve essere eseguito. Al dermopigmentista spetta il compito di selezionare la tipologia di ago più idoneo.
In commercio esistono aghi per microblading più spessi, con conformazioni a curva, con una forma a U o piatti.
Utilizzando uno specifico ago è possibile riuscire ad ottenere un effetto naturale, ridisegnando ad esempio le sopracciglia.
Per effettuare questo tipo di trattamento, è fondamentale ottenere la qualifica di dermopigmentista.
La tricopigmentazione è una “manna dal cielo” per chi soffre di calvizie.
A patto che il tricopigmentista sia preparato e utilizzi la strumentazione giusta, ago in primis.
Uno dei principali rischi estetici che possono risultare da una tricopigmentazione errata sono attaccature innaturali e puntini allargati, detti anche “mega o macro-dots”.
Quando il pigmento non rimane nel punto dove è stato depositato ma si diffonde nel derma in modo anomalo si creano i punti allargati.
Un risultato del genere ha chiaramente un risvolto psicologico devastante sul cliente.
I fattori che causano la formazione di macro-dots sono principalmente tre:
L’uso non corretto degli aghi può portare a danni estetici come i macro-dots. Danni che possono essere evitati semplicemente tenendo presente le differenze sostanziali tra le varie attrezzature. Perché il tricopigmentista non può assolutamente usare un ago da tatuaggio o un ago da microblanding?
Abbiamo visto sopra come l’ago da microblading sia in realtà una piccola lama. Con una lama difficilmente si va a creare un micro-punto quanto più simile possibile a un follicolo pilifero. Utilizzare un ago del genere per la trico darebbe un risultato finto e artificioso. Quanto agli aghi da tatuaggio, qualsiasi ago, tra quelli visti in precedenza, sarebbe troppo grande e impreciso per creare l’effetto minuscoli follicoli piliferi.
L’ago usato per la trico è del 75% più piccolo rispetto al più minuscolo degli aghi da tatuaggio.
Usare un ago di questo tipo permette al tricopigmentista di creare un effetto talmente naturale che a trattamento terminato non si nota la differenza tra i follicoli già presenti e i punti di pigmento depositati con la trico.
Poi, se si combinano gli aghi per tricopigmentazione suggeriti ed un pigmento studiato dai migliori esperti di trico in circolazione come Pygmenta Black Rain, il risultato del trattamento è quasi assicurato.
Perché “quasi”? Perché l’ultima parte di successo dipende dalle abilità e dalla preparazione del tricopigmentista.
Fai questo mestiere da un po’?